Conti deposito e BTP


Il 2016 ha visto il progressivo calo di notorietà dei titoli di Stato e, in particolare, dei BTP, ossia dei Buoni del Tesoro Poliennali, un tempo considerati tra i migliori prodotti di investimento a lungo termine e che invece oggi hanno addirittura raggiunto valori di minimo storico.

I BTP costituiscono un certificato di debito emesso dallo Stato italiano, possono essere acquistati in tagli da 1.000 euro, con un esborso minimo di 1.000 euro, così come avviene per i BOT, ed hanno una scadenza superiore ad un anno, generalmente pari a 3, 5, 10, 15 o 30 anni. Le cedole sono annuali e vengono pagate semestralmente, con un meccanismo che ricorda quello dei conti deposito di alcune banche, che liquidano gli interessi su base semestrale.

Quello in BTP è un investimento che garantisce il capitale investito alla scadenza e che offre un rendimento computabile in funzione del tasso fisso della cedola e della differenza tra il prezzo di emissione e quello di rimborso, dove con prezzo di emissione si intende quello scaturito dall'asta che riguarda i titoli, mentre con prezzo di rimborso si intende il valore nominale del titolo, il prezzo a cui il titolo è stato acquistato. In pratica il prezzo di emissione non può superare quello di rimborso.

Attraverso varie osservazioni ed analisi è facile comprendere che il periodo d'oro dei BTP è decisamente finito, così come è finita l'idea di sicurezza che i buoni offrivano alle famiglie italiane; non ha davvero più senso privarsi del proprio denaro per anni per finanziare il debito pubblico dello Stato italiano per ritrovandosi alla fine con un pugno di mosche.

Ad agosto il rendimento dei BTP a dieci anni è crollato ad un misero 1,07%, rendendo del tutto infruttuoso un investimento di questo tipo. Inutile dire che, per scadenze inferiori, le cose vanno anche peggio, con rendimenti addirittura sottozero, ossia non solo con nessun guadagno per il cliente ma addirittura con una perdita dovuta a spese varie da egli sostenute, tra cui si possono annoverare l'imposta di bollo, pari allo 0,20% del capitale, e le commissioni per l'investimento.

Resta però il fatto che è possibile acquistare BTP per poi rivenderli qualche mese dopo nel mercato secondario, senza cioè aspettare la loro scadenza ma appunto liberandosene prima al fine di ricavarne un guadagno, grazie anche al Quantitative Easing di Mario Draghi, ossia all'immissione di liquidità nel sistema bancario europeo ad opera della BCE, mediante l'acquisto massiccio periodico di titoli finanziari sul mercato secondario, al fine di contrastare la deflazione.

In sostanza si tratterebbe di scommettere su un ulteriore ribasso dei BTP nel tempo, chiaramente giocando un po' con la sorte e rischiando così di perderci. Quel che è certo è che il calo di fiducia degli Italiani in questi titoli di Stato ha spostato l'ago della bilancia verso forme di investimento più sicure quale quella del conto deposito, in particolare quella del conto deposito online.

C'è anche da dire che un po' tutto il panorama dei titoli di Stato è divenuto buio negli ultimi tempi e che, ad esempio, anche i BOT, considerati un tempo lo strumento d'investimento d'eccellenza del risparmiatore italiano medio, hanno perso la loro attrattiva a causa di rendimenti estremamente insoddisfacenti, se non addirittura nulli.

I conti deposito hanno, a loro volta, risentito negativamente dello stato di fatto venutosi a creare per via della crisi e delle manovre politiche di corsa al riparo, mostrando tassi di interesse via via decrescenti, oggi più che dimezzati rispetto agli anni d'oro, ma pur sempre sufficienti a ritenere un tale tipo di investimento più che valido.

Sicuramente a contribuire al passato successo dei BTP è stata una tassazione favorevole del 12,5% del rendimento, mentre, dall'01/07/2014 i conti deposito sono stati oggetto di aumento della ritenuta fiscale, passata al 26% dalla precedente percentuale del 20%, con il risultato di una equiparazione dei conti deposito ad altri strumenti di investimento a tutti gli effetti, quali quello delle azioni e quello delle obbligazioni.

Rispetto ai BTP, i conti deposito, e in special modo quelli vincolati, presentano delle differenze in quanto consistono nel deposito di denaro in una banca da parte di un cliente, il quale se ne priva per ricevere in cambio un rendimento da interessi computati secondo un certo tasso di interesse che, sebbene diminuito sempre più nel corso degli ultimi anni, può ancora arrivare ad un buon 2% lordo annuo, da cui andrà appunto sottratta la ritenuta fiscale del 26% per conoscere il rendimento netto del proprio investimento.

D'altra parte, si possono di solito ottenere tassi di interesse migliori dai conti deposito vincolando il proprio capitale per un certo numero di mesi o di anni, ulteriore motivo per preferire questi ai BTP in termini di rendimenti, a meno di volersi cimentare in manovre rischiose con i BTP, acquistandoli per poi rivenderli al momento opportuno, senza aspettare la data di scadenza.

In conclusione, anche se in questi ultimi anni i tassi di interesse dei conti deposito si sono abbassati notevolmente rispetto ai valori del passato, essendo in linea con parametri quali il tasso BCE, l'indice Euribor e il Quantitative Easing, non si può non considerare di aprire un conto deposito online con un tasso di interesse invitante, a zero spese e con la restituzione integrale del capitale garantita, soprattutto se si approfitta di promozioni grazie a cui si potrebbe anche tenere il denaro libero sul conto, senza vincoli.

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Tag: deposito,   stato,   investimento,   interesse,   rendimento,   prezzo,   conto,   capitale,   tasso

Temi: conto deposito,   tasso fisso,   ritenuta fiscale,   sistema bancario,   rendimento netto

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